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Codice fridericiano A1/1: Anonimo della fine del secolo XVI, Codice apografo ‘abbreviato’ del Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci

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Title

Codice fridericiano A1/1: Anonimo della fine del secolo XVI, Codice apografo ‘abbreviato’ del Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci

Subject

Leonardo, da Vinci, 1452-1519. Trattato della pittura.

Description

Questa copia del Trattato della Pittura di Leonardo, custodita per secoli in una collezione privata napoletana (eredi Nicotera), è stata acquistata dall'ateneo fridericiano nel 2016. Solo pochi anni fa se ne è riconosciuta l'importanza e sono state avanzate le prime interessanti ipotesi sulla vicenda della sua compilazione[1]. Il documento, di 40 carte, si caratterizza per l’accuratezza del testo e la qualità dei disegni, e si inserisce a pieno titolo tra le versioni ‘abbreviate’ del Trattato, su cui negli ultimi anni si sono susseguiti gli studi, venendo chiarite anche le circostanze legate alla loro diffusa circolazione, che fin dalla seconda metà del XVI secolo precedette la nota edizione parigina del 1651.
In generale, gli apografi del Trattato redatti a quell’epoca in ambito fiorentino, su iniziativa di letterati e bibliofili, si presentano assai accurati nel testo, ma non rivelano altrettanta qualità grafica nelle immagini. Invece il manoscritto in esame, pur riconducibile alla medesima ‘famiglia’ fiorentina, si caratterizza per una raffinatezza nei disegni che spinge ad ipotizzarne la realizzazione da parte di un artista non toscano.
Il testo è vergato con una grafia chiara, ma non calligrafica; i disegni sono realizzati a margine del campo scrittorio e con lo stesso inchiostro, per cui sembrano essere contestuali allo scritto. Notevole lo stile di questi schizzi, eseguiti talvolta al di sopra di una traccia delineata con un sottile tratto a matita.
Il recto del secondo foglio del manoscritto – sul cui verso inizia la trattazione – presenta un’intestazione che sembra posteriore alla stesura ed è da mettere probabilmente in relazione con l’anonimo proprietario: “Brevissimo e facile modo, a giovanetti per introdursi alla pittura perfetta. Di T. P. B. C. d. d. P. E. et A. S. d. P. V.”. Al di sotto di questa scritta, e in parte coperti da essa, si scorgono dei disegni a matita, appena percettibili, che rappresentano animali raffigurati con zelo naturalistico: è probabile che in origine essi costituissero una sorta di copertina, solo successivamente occultata dalla rozza intestazione a penna.
La presenza di questi disegni ha indotto a formulare alcune ipotesi sull’autore della stesura: particolarmente suggestiva è quella relativa alla figura di Jacopo Ligozzi (Verona 1547-Firenze 1627), attivo dal 1577 a Firenze, pittore di corte e console dell’Accademia delle Arti del Disegno, celebre per le accurate illustrazioni di piante e animali realizzate per il granduca Francesco I. Gli estremi cronologici e geografici della sua attività, che incluse anche – fra il 1592 e il 1602 – rapporti con la committenza mantovana dei Gonzaga, potrebbero indurre a cercare nella sua cerchia l’identità del copista, che però, alla luce di controlli effettuati su testi autografi, si esclude possa essere lo stesso Ligozzi.
Un altro elemento significativo che accomuna il manoscritto agli apografi fiorentini è la numerazione irregolare dei capitoli, che di fatto sono 377, numerati però fino a 368 a causa di una serie di errori e di numeri ripetuti: quest’ultima numerazione, del resto, è la stessa di quasi tutte le versioni abbreviate. Anche per quanto riguarda le illustrazioni, pur con una notevole differenza nell’esecuzione, il nostro codice presenta una significativa corrispondenza con quelle dei codici suddetti. Le lievi varianti che vi si possono osservare, se in alcuni casi si discostano dall’archetipo del Codice Urbinate (o Libro di Pittura) in altri denotano una maggiore aderenza. Resta comunque difficile formulare ipotesi circa il luogo di compilazione del manoscritto: oltre a diversi indizi a favore dell’origine fiorentina, altri dati attestano invece la provenienza del manoscritto dalla Lombardia, e in particolare dalla corte di Mantova.
Una legatura pergamenacea di epoca settecentesca unisce il manoscritto ad altri due testi, databili fra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo. Il primo è intitolato “Trattato del sangue di Cristo di Francesco Tartaleone Dottore e Canonico di S. Andrea di Mantova...”ed è preceduto da una lettera di dedica al “Sig.r Tullio Petroianni, digniss.mo Preposito di S.to Benedetto, Primicerio di S.to Andrea, Conte della Villa di S.to Secondo, et Consigliere dell’A. Ser.ma di Mantova”, firmata e datata 25 novembre 1599, da parte di Anselmo Tartaleone. Il secondo è intestato: “Relazione del Conte Alessandro Striggi al Serenissimo Carlo I, Duca di Mantova, di Monferrato, di Nevers, Umena e Rethel l’anno 1631, della sua Ambasceria di sei anni in Spagna, e dello stato presente di quella Corona e Corte”. Non si tratta del noto musicista conte Alessandro Striggi jr (Mantova 1573 ca.-Venezia 1630), ma di “un nipote del Conte [Alessandro] Strigio, il quale è ambasciatore in Spagna”, di cui si fa menzione in un documento dell’archivio mediceo. Entrambi i codici provengono dunque da Mantova, confermando quanto riferito dagli attuali proprietari del manoscritto, che ricordano una lontana origine mantovana della loro famiglia.
La sequenza dei capitoli con l’indice aggiunto alla fine, le illustrazioni e un gran numero di varianti, permettono quindi di ricondurre questo apografo a quelli discendenti dalle copie appartenute a Lorenzo Giacomini (1552-1598) e a Niccolò Gaddi (1537-1591). Tale ‘famiglia’ di codici si distingue per la data precoce (l’ultimo quarto del Cinquecento) e per la fedeltà a una probabile prima versione abbreviata del Codice Urbinate, oggi perduta. Non si può tuttavia parlare, per il Codice napoletano, di una copia diretta, in quanto esso presenta numerose lacune e alcune varianti nel testo che lasciano pensare a un passaggio intermedio rispetto agli esemplari fiorentini. Del resto è noto che Gaddi prestasse volentieri la propria copia, al fine di far conoscere il testo leonardesco, e che anche l’apografo appartenuto all’erudito padovano Giovan Vincenzo Pinelli (1535-1601) derivasse dal codice Gaddi. Tra gli studiosi che si giovarono di questa lettura troviamo anche il famoso cosmografo e cartografo Egnatio Danti, che fu in seguito l’editore del trattato di Jacopo Barozzi da Vignola sulla prospettiva, parzialmente trascritto assieme a quello leonardesco nello stesso codice Gaddi, menzionato come “Precetti di pittura e avvertimenti pei giovani che [c]on diligentia vogliono attendere a tal professione. Opera di Lionardo da Vinci pictor fiorentino che per sua morte non si è donata alla stampa”.
Il legame del copista del manoscritto in esame con l’ambiente mantovano è infine attestato dall’esistenza di una frase aggiunta nell’ultima carta (f. 35v), alla fine del capitolo 365 su “Come si devono fare le pieghe de’ panni”, con un esplicito riferimento a Domenico Fetti (Roma 1589-Venezia 1623), pittore di corte presso i Gonzaga dal 1611 al 1621. La critica nei confronti di Fetti per la sua maniera trascurata nella resa dei panni, ma definita sublime nell’uso del colore e nella ‘invenzione’, lascia intravedere una specifica competenza in materia artistica da parte del copista, che poteva essere forse un collega del Fetti, o per lo meno un amatore d’arte, anch’egli attivo presso la corte dei Gonzaga. Va però notato che la frase, collocata a fine testo, potrebbe essere stata aggiunta in un tempo e in un luogo diversi da quelli della stesura originale.
Resta quindi ancora molto da accertare su questo Codice; in ogni caso, esso aggiunge un nuovo elemento alla complessa rete dei rapporti fra Toscana e Lombardia nella trasmissione del trattato leonardesco e, soprattutto, un nuovo tassello circa la presenza di tracce vinciane a Napoli[2], ove potrebbe essere giunto già nel corso del XVII secolo. 

Alfredo Buccaro

[1] Cfr. Cerasuolo, A., Sconza, A., Un manoscritto inedito del Trattato abbreviato in collezione privata napoletana, in «Raccolta vinciana», 35 (2013), pp. 279-298, da cui traiamo in buona parte questa scheda. Una prima descrizione del codice è stata presentata da A. Cerasuolo al convegno tenutosi dal 12 al 14 aprile 2012 presso la University of Virginia, in occasione dell'inaugurazione del sito web www.treatiseonpainting.org, coordinato da F. Fiorani, che costituisce il repertorio di riferimento per gli studi sul Trattato della Pittura
[2] Si veda in proposito il nostro recente studio: Buccaro, A., Leonardo da Vinci. Il Codice Corazza nella Biblioteca Nazionale di Napoli, Poggio a Caiano / Napoli, 2011.

Publisher

Centro di Ateneo per le Biblioteche "Roberto Pettorino"
Università degli Studi di Napoli Federico II

Date

Fine del XVI secolo

Contributor

Prof. Alfredo Buccaro
Prof. Roberto Delle Donne
Sig. Lucio Terracciano (riproduzioni)

Rights

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Relation

Contributi scientifici
  1. A. Cerasuolo, A. Sconza, Un manoscritto inedito del "Trattato" abbreviato in collezione privata napoletana, in "Raccolta Vinciana", 35, 2013, pp. 279-298.

Presentazioni
  1. Alfredo Buccaro, Viaggio nel codice apografo di Leonardo da Vinci, Università degli Studi di Napoli Federico II, 2016.

Rassegna stampa
  1. Resta a Napoli grazie alla Federico II il ‘Trattato di pittura’ di Leonardo, in Corriere della Sera, Corriere del Mezzogiorno, Cultura, 11 novembre 2016.
  2. B. De Fazio, La Federico II salva "Codice da Vinci", manoscritto apografo, in La Repubblica, Napoli, Cultura, 11 novembre 2016.

Format

Tiff

Language

Italiano

Type

Manoscritto cartaceo a inchiostro nero, in 4°; legatura e coperta in pergamena del sec. XVIII. 26,5 cm x 21,3 cm

Text Item Type Metadata

Text

Manoscritto con figure

Original Format

Manoscritto con figure

Collection

Citation

“Codice fridericiano A1/1: Anonimo della fine del secolo XVI, Codice apografo ‘abbreviato’ del Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci,” eCo - Collezioni Digitali dell'Università di Napoli Federico II, accessed April 16, 2024, http://www.eco.unina.it/items/show/5.